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Storie

Marta e le dimensioni funzionali

By admin  Published On 

Marta (nome di fantasia) è la titolare di una piccola agenzia di comunicazione tutta al femminile, mi ha contattato perché, a suo dire, non sentiva di essere sufficientemente rigida con le sue dipendenti e collaboratrici, sentiva di averne perso il controllo e che era arrivato il momento di cambiare approccio. Era decisa a farlo ma non sapeva da dove iniziare.

Marta: “Negli anni si è instaurato un rapporto di amicizia, negli scambi ci comportiamo come se fossimo delle pari, per cui non riesco a imporre le mie idee e le mie iniziative con fermezza, come se fossi la loro capa”.

Io: “In che senso come se fossi? Lei è l’unica titolare oppure le altre sono delle socie?”

“Sono l’unica titolare. Una volta facevo il lavoro da sola, poi negli anni ho via via aggiunto delle collaboratrici. Siamo praticamente diventate una famiglia, o quasi, non esiste che io dia degli ordini, in quel senso.”

“E come vengono prese le decisioni?”

“Parlando. Non facciamo quasi mai delle vere e proprie riunioni, perché tanto ci parliamo continuamente e strada facendo adattiamo il nostro metodo di lavoro imparando ogni volta dai progetti che stiamo seguendo. Non siamo un’azienda, siamo molto flessibili, se qualcosa non funziona si prova a farla in modo diverso, e se così va bene viene acquisito come metodo, diciamo.”

“Quindi sono decisioni di adattamento, conseguenti a una situazione contingente. Non sono decisioni progettuali o prospettiche. Non vengono decise strategie a tavolino in modo da influenzare la formazione delle situazioni.”

“Sicuramente non l’ho mai pensata in un modo così difficile”.

“No no, non si preoccupi, non è un concetto molto difficile, magari mi sono espresso male io. Era solo per farmi un’idea su come vengono decise le cose. Perché sente di avere perso il controllo delle sue collaboratrici?”

“Perché ultimamente il flusso di lavoro è leggermente aumentato, io saprei come gestirlo ma le altre spesso fanno di testa loro e ci stiamo incasinando. Anche rispetto alle scadenze per esempio, se dico che secondo me c’è da finire prima una certa cosa, mi rispondono che non possono per questo e quest’altro motivo, e alla fine poi fanno come vogliono loro.”

“Non le ha mai fatto il discorso che lei è la titolare e che quindi se dice di fare qualcosa, quella cosa va fatta?”

“È proprio questo il problema! Da noi non si è mai fatto così! E per questo che l’ho chiamata. Voglio diventare più rigida e prendere effettivamente in mano le redini dell’attività, che mi stanno sfuggendo, ma non riesco a trasformarmi da un giorno all’altro!”

“Bene, capisco. Capisco anche che per lei sia difficile, perché sono cambiamenti complessi che richiedono una notevole presa di posizione, ma talvolta sono cambiamenti veramente necessari, in ambito lavorativo. La situazione da lei descritta, ovvero la situazione quasi famigliare dei vostri rapporti, da un lato è una condizione molto bella e umana, soprattutto se paragonata alla freddezza asettica e ipercompetitiva che si può rilevare in molte aziende. Ma è una situazione tanto bella quanto fragile, insidiosa. È soprattutto una situazione molto soggettivante, che non permette di prendere decisioni basate su dati oggettivi e razionali, perché troppo intrisa dell’aspetto relazionale e affettivo, troppo fondata sull’implicito. Ma, come ho appena detto, è anche molto bella e umana, ed ha sicuramente tanti aspetti positivi e vantaggiosi che sarebbero assolutamente da conservare.”

“Quindi cosa posso fare?”

“Possiamo lavorarci insieme avendo come obiettivo primario l’istituzione di due dimensioni funzionali: quella legata al rapporto umano e quella legata alla funzionalità d’impresa. Lavoreremo innanzitutto per distinguere queste due dimensioni nella sua mente, in modo che lei inizi a percepire la possibilità di poter rivestire più ruoli contemporaneamente o uno alla volta a seconda del caso, evitando che vadano in conflitto.”

“Quali ruoli?”

“Quello di capa da una parte e quello di amica dall’altra, per esempio. E dove non sarà possibile farli coesistere sarà necessario prendere coscienza dell’inevitabilità di una scelta: o essere l’una o essere l’altra”.

“Lo sapevo, ecco. Questo è proprio quello che mi spaventa di più.”

“Vedremo di analizzare un tassello alla volta, evitando la confusione.”

 

La consulenza con Marta è proseguita per alcune settimane, in cui ha preso consapevolezza dei vari piani attraverso cui esercitare i suoi ruoli e fondare le proprie azioni. Sono emersi vari aspetti relazionali interni all’ufficio, in particolare quello di una dipendente che si era presa (e a cui Marta aveva concesso) un’autorità informale che era arrivata al punto da insidiare la posizione di Marta in quanto titolare e decisore, ostacolandone alcune intenzioni operative. Il rapporto con quella dipendente non è finito bene, si è concluso con le sue dimissioni, a tutto vantaggio della serenità di Marta che ormai era pronta ad un cambio di rotta gestionale.

Per quanto riguarda le altre dipendenti e collaboratrici abbiamo affrontato insieme il modo di comunicare loro la necessità di un’organizzazione formale del lavoro, e l’utilità di una scala gerarchica delle responsabilità. Ha parlato con loro singolarmente e poi, dopo aver preparato il terreno, hanno fatto un incontro in cui si stabilivano alcune nuove regole.

Marta ha acquisito una maggiore fiducia in se stessa e guida ora la sua attività con una definizione dei ruoli più funzionale e trasparente.

 

[Nomi di fantasia. Alcuni elementi appositamente omessi o modificati].


Luca, Giove e oltre l’infinito
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